ITINIERARI MTB
GLI ITINERARI PER BICI E MTB
SCEGLI IL PERCORSO PIÙ ADATTO INSERITO NEI NOSTRI 8 ITINERARI
ITINERARI 1
Girifalco e Squillace – Dai Saraceni ai Normanni
Inizio percorso dall’Oasi: circa 20 km. (Itinerario Onda d’Urto)
Il percorso avrà una lunghezza complessiva di 35 Km, di cui il 90% su strade sterrate.
Nota: fare attenzione al percorso perché durante la tappa di ondadurto sul tracciato erano previsti cartelli che indicavano:* Frecce del bivio da prendere.* Nastri bicolori.
Inizia dal Campo Sportivo di Girifalco e prosegue facendosi un giro nel paese passando dai “Pioppi Vecchi”.
Procedendo si arriverà in zona “Toco”. Il Toco è situato a circa 400 m s.l.m. a 1, 5 Km dal paese di Girifalco al centro dell’Istmo di Catanzaro, il punto più stretto della Calabria e della penisola italiana, detto terra dei Due mari in quanto lambito da mar Ionio e mar Tirreno. Infatti da Monte Covello è possibile ammirare entrambi i due mari e “Caria” considerata un’area archeologica importante, in quanto è stata rinvenuta una necropoli risalente al Neolitico superiore, con una parte del museo Nazionale di Reggio Calabria dedicato ad alcuni reperti archeologici del luogo.
Si passa per la località “judice mare” per poi arrivare a Squillace con arrivo a Piazza Duomo .
Poi si scenderà passando per “Ponte Ghetterello (Detto ponte del Diavolo-o delle Streghe) si prosegue per il “Promontorio”(zona pigna) contrada “Cannavù” e rientro a Girifalco.
Ristorante : Parco di Monte Covello, a poca distanza dal punto di partenza, raggiungibile in auto.
Amaroni – miele e olio d’oliva
Inizio percorso dall’Oasi: circa 16 km.
Il tracciato, di livello medio-alto, è strutturato per l’80% su sterrato, tra i sentieri della montagna dei Comuni di Amaroni e Girifalco. Si tratta di un tracciato di 29 Km che si snoda tra sentieri e single track, immersi nei boschi di faggi, castagni e querce. Un tracciato impegnativo ma, alla portata di tutti, in grado di soddisfare al contempo le esigenze di bikers più esperti. È consigliabile un buon allenamento per affrontare senza alcun problema l’intero tracciato che presenta un dislivello di circa 900 metri.
Dopo la partenza dall’anfiteatro comunale “Nicolas Green” di Amaroni il percorso si snoda tra vie del centro storico per proseguire nei boschi della Ferrera che si conclude al Km 8.
Da qui si proseguirà in uno spettacolare single track di castagni che si concluderà al Casello forestale di Monte Covello.
Si proseguirà tra i boschi della Ceddia, raggiungendo il punto più alto del percorso (950 mt). Da qui si inizia una discesa tecnica che porterà i bikers ad ammirare il parco degli Schiavi costeggiando le pale eoliche. La discesa procederà verso Amaroni, sempre su sterrato e attraversando anche un piccolo torrente.
Aspetti di interesse naturalistico, ambientale, storico, ecc.
Amaroni, culla di una antica tradizione che, da generazioni, coinvolge intere famiglie nella produzione del miele, immersa in un luogo incontaminato del Mediterraneo, tra valli e prati fioriti, produce i mieli buoni di Calabria.
Dai sapori inebrianti e dalle colorazioni che rievocano il sole caldo di un cielo limpido, questi mieli, ricchi di storia e di dedizione, regalano emozioni uniche e sensazioni autentiche.
La “Società Calabria Produce”, con sede ad Amaroni ed una grande storia tramandata da generazioni, è partita dall’ormai lontano 1900 quando il nonno Paolo BOVA ha cominciato a dedicarsi all’attività di apicoltore, gestendo un patrimonio apistico di 300 alveari.
Nel 1987 i soci Paolino e Carlo decidono di avviare due aziende Apistiche individuali e si dedicano attivamente alla produzione di miele e pappa reale; questo percorso individuale li ha accompagnati alla fusione delle due aziende in una unica società, denominata appunto Calabria Produce sas. http://www.calabriaproduce.it/dovesiamo.html
Oggi si costituisce una società agricola denominata MANCINI DANIELA SRL, con un patrimonio apistico di 530 alveari, condotti in forma di nomadismo e diversificando l’attività non solo con prodotti tradizionali dell’apicoltura ma anche con servizi aggiuntivi come dare ospitalità nella Fattoria Didattica alle scolaresche e/o a gruppi organizzati.
Loc. Manca del Bosco Amaroni (CZ)
Riferimento per info: Daniela (tel. 0961 913177)
Oggi le tre aziende costituiscono un chiaro e forte indirizzo, per l’intero bacino provinciale e non solo, richiamato dalla storia dalla cultura e dalla qualità, e riconosciuto nell’intera regione come “Bova Group Miele”. Inoltre, grazie alle tre aziende e altre realtà del territorio Amaronese, oggi Amaroni aderisce a pieno titolo alle Grandi Città del Miele, riconoscimento istituzionale del quale andare fieri, anche perché nell’intera regione Calabrese soltanto due comuni hanno avuto questo grande riconoscimento.
Il tracciato, di livello medio-alto, è strutturato per l’80% su sterrato, tra i sentieri della montagna dei Comuni di Amaroni e Girifalco. Si tratta di un tracciato di 29 Km che si snoda tra sentieri e single track, immersi nei boschi di faggi, castagni e querce. Un tracciato impegnativo ma, alla portata di tutti, in grado di soddisfare al contempo le esigenze di bikers più esperti. È consigliabile un buon allenamento per affrontare senza alcun problema l’intero tracciato che presenta un dislivello di circa 900 metri.
Dopo la partenza dall’anfiteatro comunale “Nicolas Green” di Amaroni il percorso si snoda tra vie del centro storico per proseguire nei boschi della Ferrera che si conclude al Km 8.
Da qui si proseguirà in uno spettacolare single track di castagni che si concluderà al Casello forestale di Monte Covello.
Si proseguirà tra i boschi della Ceddia, raggiungendo il punto più alto del percorso (950 mt). Da qui si inizia una discesa tecnica che porterà i bikers ad ammirare il parco degli Schiavi costeggiando le pale eoliche. La discesa procederà verso Amaroni, sempre su sterrato e attraversando anche un piccolo torrente.
Copanello di Stalettì
Inizio percorso dall’Oasi: circa 6 km. (Itinerario Onda d’Urto)
Difficoltà del percorso: Il primo tratto è in asfalto SS106, dallo stabilimento del Caffè Guglielmo fino l’ultimo tratto è per ciclo-escursionisti di ottime capacità tecniche per l’elevata pendenza ed il fondo sconnesso.
Partiti dall’Oasi del Governatore si segue per un pezzo la S.S. 106 in direzione Soverato sino ad arrivare allo Stabilimento Del Caffè Guglielmo; alle spalle dello stabilimento c’è una stradina in pietra che si arrampica sino a Staletti. L’ultimo tratto diventa molto tecnico poiché le fughe tra le pietre sono larghe ed è alto il rischio di incastrarsi con le gomme tra le pietre. Se non ci si riesce, la si può fare a spinta.
Aspetti di interesse naturalistico, ambientale, storico, ecc.
L’origine di Stalettì è risalente all’epoca romana, come dimostrano i numerosi reperti archeologici ritrovati nella zona. Nei pressi della principale strada del paese, Via Grande, sono presenti antiche fornaci per la calce e la torre di guardia che sovrasta il territorio circostante. Nel 1400 il paese subì un’importante aumento demografico che si interruppe anni dopo a causa delle incursioni dei Saraceni.
Un terremoto nel 1783 provocò ingenti danni al paese ed in particolare al suo patrimonio culturale.
David Maximilian Gualtieri
email: d.gualtieri@libero.it
Disponibile previo contatto anticipato.
ITINERARI 2
Torrente Fiumarella-Parco Biodiversità-Pineta di Siano
Inizio percorso dall’Oasi: circa 15-20 km. (Itinerario Onda d’Urto)
Si percorrono i due polmoni della Città di Catanzaro dove si possono ammirare luoghi di sicuro interesse naturalistico/ambientale oltre a diverse specie di fauna.
Partenza da Catanzaro Sala, si risale in Torrente Fiumarella sino al Maneggio per poi risalire le stradine delle vecchie miniere arrivando sino al Parco della Biodiversità. Su asfalto si raggiunge l’altro polmone della Città – Il parco Bosco “Li Comuni” (Pineta di Siano) per poi chiudere il percorso in centro città.
David Maximilian Gualtieri
email: d.gualtieri@libero.it
Disponibile previo contatto anticipato.
SOVERATO – Tra l’Ancinale e il Beltrame: dalla vecchia ferrovia Calabrolucana a Soverato Vecchia
Inizio percorso dall’Oasi: circa 16 km. (Itinerario Onda d’Urto)
Il tragitto è composto da un 70% sterrato ed un altro 30% di strade asfaltate. Percorso lungo 36.9km
Descrizione del percorso: Il percorso, che inizia dal lungomare nei pressi della Villa Comunale, ci porterà nella riserva AFOR, zona destinata al rimboschimento e che comprende al suo interno vivai di pini marittimi, palme ed eucalipti; proseguendo raggiungeremo poi la foce del fiume Ancinale e lo risaliremo fino ad arrivare alla centrale idroelettrica, qui incroceremo la strada che ci porterà al vecchio casello della linea Calabrolucana ormai abbandonata.
Di qui in poi seguiremo, per un bel tratto, l’antico tracciato della ferrovia ed entreremo da subito in una delle 4 suggestive gallerie che troveremo lungo il nostro percorso.
Seguendo sempre l’antica linea ferroviaria giungeremo nei pressi dell’antico e ben conservato Convento della Pietà, fondato nel sec. XV dal Beato Francesco da Zumpano e realizzato su strutture ancora più antiche.
Il nostro itinerario continua sempre sull’antica strada ferrata che lasceremo solo quando saremo giunti nei pressi delle campagne di San Vito, dopo essere transitati su un ponte sempre della vecchia linea ferroviaria.
Un altro breve tratto di asfalto e incontreremo “Murorotto”, antica diga normanna luogo di culto e di leggende, che testimonia le antiche origini di questi luoghi. Ora ci dirigiamo verso Petrizzi, dove faremo un giro per le caratteristiche viuzze e per il paese vecchio, passando sotto la porta “e jusu”, porta che chiudeva la città da sud e che tanto servì contro le invasioni saracene.
Dopo un pezzo di discesa in asfalto riprendiamo lo sterrato che ci porterà nel sito archeologico di “Soverato Vecchia”, il vecchio centro cittadino distrutto dal terremoto del 1783.
È dunque giunto il momento di tornare a Soverato Marina e concludere l’anello nuovamente sul lungomare.
Il tragitto è interamente inglobato nella macchia mediterranea e attraverseremo uliveti, aranceti e corbezzolari.
Seguendo il tracciato della ferrovia non incontreremo tratti con pendenza elevate.
A “Murorotto” viene venerata la Madonna della Luce ed è luogo di pellegrinaggio. La narrazione tradizionale racconta che San Vito con la propria spada ruppe il muro per far defluire l’acqua e così nacque il paese che ancora oggi porta il nome del prodigioso santo.
Dove mangiare :
per un pranzo a base di pesce fresco ristorante il “Lido San Domenico”
esempio di menù: antipasto misto mare, lasagne spada e melanzane, frittura del golfo, insalata, sorbetto al limone di Calabria, frutta, acqua, vino.
Attraverso preventiva richiesta, menù alternativi per vegetariani, vegani e celiaci.
Escursione dei due mari i centri storici di Tiriolo e Gimigliano
Inizio percorso dall’Oasi: circa 30 km. (Itinerario Onda d’Urto)
Per arrivare a Tiriolo: sia che si provenga dal Tirreno che dallo Jonio, bisogna imboccare la SS 280 dei Due Mari, uscire a Marcellinara e da lì seguire le indicazioni per Tiriolo.
Il giro, di circa 30 km., con difficoltà atletica medio-alta e difficoltà tecnica media.
Vale la pena di iniziare con un giro nel Centro storico di Tiriolo, che è uno dei 10 più belli della Calabria per poi salire sul Monte Tiriolo (848 mt.s.l.m.) da lì sarà possibile ammirare (tempo permettendo) un panorama unico, con la vista contemporanea sui mari Jonio e Tirreno: volgendo lo sguardo sulle Serre, sulle isole Eolie, sulle prime propaggini della Sila, su Catanzaro e su mezza Calabria (nelle giornate particolarmente limpide si riesce a vedere persino l’Etna!), si potranno ammirare anche i ruderi dell’antica fortezza bizantina, la grotta del Re Niliu, la giudecca, ecc. ecc.
Una volta ridiscesi il giro percorrerà inizialmente la “Via dei Francesi”, per poi svoltare in direzione Gimigliano. Il centro, di origini medievali, si trova tra la valle del fiume Corace e le prime propaggini della Sila catanzarese.
Dopo un giro tra le vie e i suggestivi vicoletti del paese si proseguirà alla volta del Santuario della Madonna di Porto, ubicato nella vallata del Corace e probabile sede di un antico porto fluviale.
Si farà infine ritorno a Tiriolo riprendendo la parte finale della Via dei Francesi.
A Tiriolo oltre ai vicoli, ai palazzi e ai portali con i particolari mascheroni c’è da vedere l’Antiquarium Comunale, dove sarà possibile ammirare, tra gli altri reperti archeologici, la tomba monumentale Brettia (IV sec. A.C.) e la copia del celeberrimo Senatusconsultum De Bacchanalibus del 186 a.C., rinvenuto a Tiriolo nel 1640 e poi l’adiacente Museo del Costume tradizionale calabrese, in cui sono esposti più di 40 abiti tradizionali calabresi (le famose “pacchiane”).
Il Santuario della Madonna del Porto è il più grande santuario della zona ed è sede della Patrona della provincia di Catanzaro.
All’interno del nuovo santuario è riprodotta l’immagine della Madonna e dei “Quattro Evangelisti” in mosaico veneziano, il presbiterio decorato da artistici marmi, come il giallo di Siena, l’alicante di Spagna, l’onice dorato, il marmolit tedesco.
Gimigliano è famoso soprattutto per il suo marmo verde, utilizzato per la realizzazione della gradinata della Chiesa del Gesù di Napoli, per i pavimenti della Reggia di Caserta, per il coro d’inverno e le nicchie della Basilica di San Giovanni in Laterano, per il piazzale centrale di San Pietroburgo ed in tantissime chiese e fabbricati di Catanzaro e del circondario. Degna di essere menzionata è anche la Chiesa Madre di Gimigliano, nella quale è custodito il Quadro della Madonna di Porto, dipinto su tela del XVII secolo, incoronato e benedetto da Papa Paolo VI e papa Giovanni Paolo II. Diroccata dal terremoto nel 1783 fu ricostruita negli inizi del 1796. La facciata in stile rinascimentale, fu completata nel 1912; in essa spiccano le bellissime colonne monoliti di marmo rosa di Gimigliano e i portali dei finestroni e delle porte in marmo verde, sempre di Gimigliano.
Dove Mangiare:
Tiriolo – “Ristorante ai 2 mari” nel punto più in alto al paese, dove possono arrivare le macchine.
Agriturismo “Colle del Signore”, in località “Fondaco”, sulla strada che da Tiriolo va in direzione San Pietro Apostolo, a circa 2 km dal paese, da provare
ITINERARI 3
Badolato marina – Passo Colla – Piano dei Pecorai – Badolato: il suggestivo Borgo medievale
Inizio percorso dall’Oasi: circa 30 km.
Sentiero in buona parte su strada sterrata
Lunghezza Km 38,7
Dislivello 1250 m
Difficoltà BC/BC (Buone capacità tecniche)
Descrizione:
Il punto di partenza è Badolato Marina. Si percorre un tratto di strada statale 106 in direzione di Catanzaro sino a raggiungere la località Isca Marina dove si svolta al primo incrocio a sx. Si percorre la strada che conduce ad un villaggio vacanze e si prosegue in direzione dei monti. La strada è asfaltata per i primi chilometri e, superato il passo Colla, una breve discesa, già sterrata, ci conduce verso la montagna.
Il tracciato della strada sterrata è quello dell’acquedotto, quindi c’è la possibilità di effettuare il rifornimento in due fontane presenti. Alla fine della strada sterrata, che sale con diversi tornanti, si intercetta la strada asfaltata, che al primo bivio, sale da Isca e al successivo si svolta a sinistra (la strada da destra sale da S. Andrea)
Dopo qualche chilometro, sempre sulla strada asfaltata, sulla sinistta c’è la presenza di una piccola radura con l’acqua.
Si prosegue ancora con l’alternarsi di qualche discesa e qualche salita sino a raggiungere il bivio dove svoltiamo a sinistra e poco dopo si svolta ancora sulla sinistra su una strada sterrata. Dopo una serie di saliscendi ed alcuni bivi (presenti anche alcune sorgenti d’acqua) si raggiunge il casello forestale di Badolato sulla strada asfaltata.
La strada ora scende asfaltata a sinistra e si percorre affrontando una serie di tornanti e qualche rettilineo; bisogna procedere con attenzione perché bisogna svoltare al secondo incrocio asfaltato sulla destra che ci condurrà proprio dove, su una collina a 240 metri dal livello del mare, sorge Badolato, il suggestivo borgo medievale caratterizzato da un impianto bizantino con numerose chiese disposte a forma di croce latina e con molti vicoli caratteristici.
Attraversiamo tutto il centro storico per dirigerci verso la splendida chiesa dedicata all’Immacolata: è situata oltre la porta est del paese, sul poggio dal quale lo sguardo può spaziare da Capo Colonna fino a Punta Stilo.
Torniamo percorrendo la strada che scende verso la fiumara, dove possiamo vedere ancora i ruderi di una serie di case colpite in epoca recente da un’alluvione (1951).
Si percorre la strada sterrata che ci riporta a Badolato Marina.
Badolato è il Paese delle Chiese. Nel borgo si possono visitare infatti 13 chiese che, per la loro posizione, sembrano quasi proteggere il paese dai quattro lati.
La Chiesa dell’Immacolata non è aperta; iniziata nel 1686, ha un portale in granito attribuito agli scalpellini di Serra San Bruno. Due colonne su un piedistallo, poste ai lati del vano d’ingresso, reggono un’architrave con una nicchia nella quale si legge l’anno di fondazione della chiesa (1686) e l’anno del restauro (1859).
All’interno ha un soffitto, con stucchi in gesso, decorato da artisti di Serra San Bruno. La volta a botte è suddivisa in tre riquadri, intervallati da fasce con fiori. Al centro di ogni riquadro è posto un medaglione. Il fondo della volta è blu, con decorazioni a fiori e volute bianco e oro. Vicino all’abside c’è la cupola a forma di un ottagono semplice forato da una serie di finestre.
La cupola, che all’esterno finisce con una lanterna a forma di stella ricoperta da tegole in terracotta, è uno degli esempi più importanti del Seicento badolatese.
L’altare maggiore è in marmo bianco e il pavimento maiolicato con disegni a margherita. Sulla parete di sinistra si trova un olio su tela raffigurante la Croce Angelica di Tommaso Aquinate e diverse opere di artisti partenopei e locali.
Di pregio i pezzi in argento (calice, ostensorio, punta della mazza del priore) opera di artisti napoletani. Nel muro esterno dell’abside un pannello maiolicato (1800) raffigurante la Madonna Immacolata (realizzato a Squillace).
Santa Severina – Roccabernarda
Inizio percorso dall’Oasi: 65 km oppure 85 km a seconda della strada scelta. (Itinerario Onda d’Urto)
Area nord-orientale del crotonese, percorso con diversi punti panoramici e belvedere, Monte Fuscaldo, sito di importanza naturalistica
Difficoltà del percorso BC: (per ciclo escursionisti di buone capacità tecniche)
Descrizione: partenza dal fossato del castello normanno di Santa Severina dove è disponibile un ampio parcheggio per le auto. Si passa nel centro storico e si segue la s.s. che porta verso San Mauro Marchesato per circa 1 km, dopodiché comincia la salita che porta in cima alla dorsale ed al belvedere con vista sull’area nord-orientale del marchesato crotonese. Qui si può ammirare uno splendido panorama su Santa Severina.
Subito dopo questa sosta si raggiunge l’area verde di M. Fuscaldo.
Successivamente si costeggia ad una buona altezza il fianco orientale della montagna, su una larga pista forestale con belle vedute sulla campagna crotonese e fino al mare.
Dopo aver superato la diramazione per la vetta del Fuscaldo, si raggiunge il vertice dell’anello, presso la Timpa della Zita. Da qui avremo una splendida veduta sulla sottostante Valle Niffi, tesoro naturalistico scavato fra pareti di arenaria e luogo di nidificazione di gheppi, poiane, gufi e altri rapaci.
Si riparte in direzione Timpa del Corvo, attraverso vecchi recinti e pascoli, da dove si gode di una vista mozzafiato sulle pareti a strapiombo della valle.
Ripartendo si percorrerà un panoramico tratto con forte pendenza lungo uno stretto crinale bordato da campi alberati e oliveti che ci porterà direttamente negli aranceti della media valle del fiume Tacina.
Tra splendidi profumi di zagara e frutta di stagione costeggeremo il fiume Tacina fino ad arrivare nel paese di Roccabernarda.
Si affronta la risalita del monte Fuscaldo e la successiva ridiscesa al punto di partenza, cioè Santa Severina.
Santa Severina: da visitare il castello normanno di Roberto il Guiscardo, la Cattedrale, il Battistero e il Museo Diocesano. Anche le viuzze del borgo sono di notevole interesse.
Descrizione dell’area di Monte Fuscaldo
Il monte Fuscaldo è la punta più alta della dorsale che si eleva nel Marchesato crotonese e che funge contemporaneamente da spartiacque fra le valli dei fiumi Tacina e Neto, tra le montagne della Sila ed il mare jonio. La vetta raggiunge un’altezza di 565 mt e con la sua imponenza sembra voler proteggere la storica cittadina di Santa Severina ed il suo antico castello. Tutta la dorsale è caratterizzata da pendici solcate da valli e canyon e delimitate da ripide pareti di arenaria; queste pareti sono scavate da profonde incisioni di origine eolica e offrono la possibilità di nidificare a numerose specie di uccelli rapaci (alcuni dei quali molto rari e in via di estinzione sul territorio nazionale) quali: il Capovaccaio (Neophron percnopterus), il Nibbio reale (Milvus migrans) ed il Gufo reale. Per questo motivo l’area, che ha un’estensione di circa 2.500 ha, è stata inserita nell’elenco dei Siti d’Importanza Comunitaria (SIC) della rete Natura 2000. La vegetazione è la classica macchia mediterranea, con parti a bosco e parti a gariga, a seconda delle condizioni edafiche, orografiche e microclimatiche. Tra le specie più diffuse si trova il lentisco, il mirto, la fillirea, l’alaterno, il corbezzolo associati spesso al biancospino, al perastro, al prugnolo e all’olivastro. Bellissime e rare alcune aree allo stadio climax, tra cui la spettacolare Valle Niffi, dove predomina il querceto, formato prevalentemente da Lecci e Roverelle. Presente anche la quercia da sughero, un tempo molto diffusa, è rappresentata da pochi esemplari. La macchia mediterranea è inframezzata da molti uliveti. Numerosi anche i siti archeologici sparsi in tutta l’area databili dall’età protostorica fino al basso medioevo; siti che testimoniano un grande interesse delle popolazioni del marchesato per quest’area sia per motivi economici che militari e religiosi.
ITINERARI 4
Soverato – Parco naturale delle Serre – Soverato il lago Lacina
Inizio percorso dall’Oasi: 16 Km. (Itinerario Onda d’Urto)
Percorso impegnativo con molta ascesa, circa 3150 su 104 km circa. Il percorso è suddiviso tra il 30% asfalto e 70% tra strade bianche, boschi e sterrato.
Lungo il percorso è possibile fornirsi d’acqua. Prima fontana all’inizio del paese di Satriano, calcolando che la partenza è a Soverato in P.zza M. Ausiliatrice, seconda fontana la troveremo nel mezzo della pineta di Satriano, famosa e conosciuta da tutti. Si entra nel parco naturale delle Serre, lungo il percorso si incontrano almeno altri 2 fontanili con acqua potabile, fino ad arrivare a lago Lacina, si prosegue per Brognaturo ed è possibile fare una mini sosta al bar o per rifornirsi d’acqua.
Si riparte in direzione Serra San Bruno su strada per circa 4 km; sosta da “Il Fornaio“ per una pizza e una bella birra gelata, si prosegue poi in direzione Certosa e si rientra in bosco direzione Mongiana, percorso tutto bosco e sterrato dove è possibile rifornirsi nuovamente d’acqua all’interno del parco “ Scuola Corpo della Forestale”. Si riparte per il rientro con lo stesso percorso di andata solo con qualche variante: si parte verso Serra San Bruno, con altra sosta da “Il Fornaio” e ci si imbatte in una bella salita lunga 7-8 km “Contrada Pezzante” fino a rientrare nel parco delle Serre direzione lago Lacina lato ovest per arrivare alla famosissima pietra di San Tonino. Premessa: si consiglia di fare poco uso d’acqua in quanto dal tratto Lacina alla Pietra San Tonino non vi sono più fontanili, il prossimo l’ho incontrerete scendendo da San Tonino a Davoli Superiore.
Acquistate una bottiglia d’acqua per riserva a Serra San Bruno. Da San Tonino si passa per Davoli Sup. e via fino al punto di partenza Soverato. Armatevi di pazienza, barrette e integratori perché il percorso è lungo e impegnativo. Sconsigliato per chi pratica MTB saltuariamente.
Tour nel Parco Naturale delle Serre
La residenza Ferninandea, i megaliti, i laghetti
Inizio percorso dall’Oasi: 50 Km. (Itinerario Onda d’Urto)
Percorso impegnativo di 57 km circa.
Partenza dalla piazza antistante la Certosa di Serra San Bruno.
Si affronta quasi subito una lunga e intensa salita immersa, però, nella rigogliosa natura del parco che porta al primo punto di interesse, ovvero la Ferdinandea, residenza di epoca Borbonica.
Si continua a salire sino alla vetta delle Serre, Passo di Pietra Spada, a quota 1351 m per scendere, su asfalto, fino all’abitato di Nardodipace. Qui è possibile visitare i megaliti.
Lunghissima ed impegnativa discesa fino al torrente Allaro per risalire, ripidamente, verso Fabrizia.
Altro tratto di trasferimento fino a Mongiana dove si trovano i laghetti.
Ultima salita e poi via in discesa fino a Santa Maria del Bosco
ITINERARI 5
Cardinale – il Bosco, il lago delle trote, la Ferriera Razzona, il fiume Ancinale,
Inizio percorso dall’Oasi: circa 35 km o circa 40 km a seconda della strada scelta. (Itinerario Onda d’Urto)
Il percorso si snoda per circa 32 Km, con dislivello complessivo di 370 mt di cui solo 5% su asfalto distribuito in tutto il giro, in mezzo a fitti boschi di querce e faggi, pregevoli zone umide, deliziosi laghetti e spettacolari punti panoramici. Il tutto si estende nei comuni di Cardinale, Torre di Ruggiero, Chiaravalle Centrale e Vallelonga, di cui l’ultimo provincia di Vibo Valentia.
Inizieremo il giro soffermandoci su quello che rimane del collegamento tra il convento Agostiniano di torre di Spadola, fondato nel 1534 dedicato a Santa Maria del Carmine, e il convento di San Basilio, costruito dai monaci in una conca verde accarezzato dal fiume Bruca per volontà di Ruggiero Normanno.
Proseguiremo il giro nei boschi per arrivare al laghetto delle trote, dove ci può soffermare per uno spuntino; si continua in direzione del comune di Chiaravalle Centrale per arrivare ai ruderi del Castello Filangeri o Castello della Razzona e la sua ferriera, distrutta dai terremoti e alluvioni, ma con una storia molto importante alle spalle. Costeggiando il fiume Ancinale, che portava acqua necessaria al funzionamento della ferriera, arriveremo all’azienda Agricola Rotiroti dalla quale si proseguirà per l’ultimo chilometro che ci porterà al campo sportivo.
La Ferriera era sicuramente attiva già con il principato di Satriano concesso il 10 maggio 1611 da re Filippo IV di Spagna al casato dei Ravaschieri Fieschi. Più esattamente la cessione è stata fatta a Ettore Ravaschieri, duca di Cardinale.
La testimonianza dell’impegno più incisivo di Carlo in contrada Razzona resta, però, la realizzazione della sua privata ferriera, che, stando all’ingegnere napoletano Luigi Giura, risalirebbe al 1824.
La ferriera di Razzona è inserita nell’antica tradizione di fonderie calabresi, attive già dal Mille e che dalla fine del 1700 avevano avuto un vigoroso impulso con le reali ferriere e la fonderia di Mongiana, risalenti al 1771 secondo alcuni manoscritti. Crebbe rapidamente, iniziò con una sola fucina a tre fuochi e dopo dieci anni aveva tre fucine e otto fuochi. Occupava circa duecento operai. I primi due ponti sospesi italiani, costruiti nel 1829 sui fiumi Garigliano e Calore, portano le strutture in ferro realizzate nelle fonderie di Razzona di Cardinale e di Mongiana. In questi anni le ferriere borboniche facevano di Cardinale “un centro industriale” . La ferriera di Razzona fu quasi completamente distrutta da un’alluvione del 1855 e smantellata dopo l’invasione garibaldina.
A Cardinale esistevano anche delle filande dette in gergo locale “vattandìari” dove venivano lavorate varie fibre naturali fra cui la lana. Con questa veniva prodotto un tessuto impermeabile chiamato “arbascio” del quale nessuno sa più con esattezza come venisse realizzato.
Oggi riveste un’importante fonte di reddito l’industria boschiva con lo sfruttamento di vasti boschi di castagno, faggio e conifere. Un tempo a Cardinale era praticata la bachicoltura e il gelso bianco (Morus alba) veniva coltivato su vasta scala.
Territorio
Il comune è situato a circa 560 m s.l.m. e a circa 60 km dal capoluogo Catanzaro. Il territorio è in massima parte boscoso. Le essenze forestali prevalenti ed autoctone sono: il castagno, la quercia e il faggio. Negli anni cinquanta-sessanta sono stati avviati imponenti rimboschimenti con conifere (pino in prevalenza).
Il centro storico è bagnato dal fiume Ancinale (l’antico Cecinus) che nasce dal Monte Pecoraro in località Pietre Bianche e sfocia nel Mar Ionio nei pressi di Soverato, dopo un percorso di circa 35 km. Lungo il percorso del fiume si trova un’importante stazione della felce Osmunda regalis.
Cardinale è anche un sito neolitico. Già nell’Ottocento, durante i lavori per il rinforzo di un ponte in ferro sono state ritrovate delle asce in pietra lavorata. Molte di queste sono state ritrovate in varie località e la tradizione vuole che i pastori li considerassero dei tuoni e li portassero con loro in quanto si credeva fossero un potente talismano contro i fulmini. Tali asce venivano chiamate “cugni” o “truoni”. Alcune di queste asce sono conservate nel Museo di Crotone. Tali ritrovamento attestano la presenza dell’uomo nellaValle dell’Ancinale sin già dall’età Neolitica.
Il centro storico è ricco di vari manufatti in granito (portali ecc.) e vi si trova una bella chiesa, del ‘700, con una imponente facciata.
Nel territorio del comune e nei comuni confinanti, fino a pochi anni fa veniva coltivato in larga scala il nocciolo. Attualmente tale attività è molto ridotta a causa del deprezzamento del prodotto e del forte aumento della manodopera. Tale pianta è stata importata, dalla zona di Atripalda da Alfonso Salvi intorno alla metà dell’Ottocento.
Cardinale – il Bosco, il lago delle trote, la Ferriera Razzona, il fiume Ancinale.
Inizio percorso dall’Oasi: 25 Km. (Itinerario Onda d’Urto)
Il borgo di Davoli Superiore, la pietra di Sant’Antonino e la colazione del pastore.
Viaggio nella cultura pastorale a ridosso di una delle fiumare più importanti della Calabria jonica.
Nel cuore delle serre calabresi, itinerario interamente montagnoso e sterrato.
Partendo già da quota 1000m slm si seguirà una strada che costeggia la fiumara Alaca, ci si addentrerà immediatamente in un paesaggio mozzafiato che si rivelerà incantevole e selvaggio.
Abbandonata la fiumara Alaca ci recheremo, attraversando in parte il parco eolico di San Sostene, presso la pietra di Sant’Antonino, un enorme monolite ritenuto luogo di culto e di leggenda. Di fatti nei pressi del monolite sorgevano il monastero della Vergine di Pietra Santa ed un piccolo eremo, oggi purtroppo distrutti. La pietra custodisce anche diverse leggende che verranno rivelate in occasione della sosta.
Il giro termina nel luogo di partenza, precisamente in località bosco, qui si potrà salire, sulla “vedetta” della forestale ed ammirare l’intero golfo di Squillace.
Successivamente ci si recherà presso il caratteristico Borgo di Davoli Superiore.
Nei dintorni della pietra di Sant’Antonino potrà capitare di degustare la famosa ‘mpanata, la colazione dei pastori a base di pane e siero di latte di pecora. La ‘mpanata un tempo era necessaria ai pastori per affrontare le dure giornate di lavoro, infatti la consumavano al mattino prima di portare gli animali al pascolo.
Piatti tipici locali: pasta con la carne salata, baccalà alla davolese, pipi e sardi e graffioli, il tutto condito da ottimo vino locale.
ITINERARI 6
Stignano – Percorso ricco di tesori ambientalistici, culturali e culinari.
Inizio percorso dall’Oasi: 60 km SS106 oppure per le strade collinari 90 km
(Itinerario Onda d’Urto)
Difficoltà del percorso (medio), con tratti asfaltati e sterrati, chilometri da percorrere 31 circa con altitudine massima di 369 mt, cumulata 985;
Tempo di percorrenza previsto 4:30:00 circa incluse le soste.
Si tratta di libera escursione aperta a tutti gli appassionati di mtb con una discreta esperienza e allenamento.
Descrizione percorso: partiti dalla piazza S. Pietro di Stignano, si percorre un tratto del centro storico e si prosegue per la strada che costeggia i campi per circa 700 mt. Si attraversa un piccolo borgo e brevi tratti di strada lastricata per proseguire ancora su una traccia di un campo sino al bivio di contrade Colture; si svolta a destra e si prosegue sulla strada asfaltata sino a superare sulla sinistra i capannoni dell’ex fabbrica dell’acqua Varda e si svolta a sinistra, su una pista che conduce sino al castello di San Fili. Successivamente percorreremo un breve tratto a piedi.
Si scende ora su una pista breve e ripida sino ad incrociare la S.P.92 per poi svoltare a sinistra sulla stessa. Si svolta più avanti sulla destra sulla via di contrada Favaco, si raggiunge un cantiere dove ammireremo la lavorazione degli inerti e successivamente si svolta a sinistra per attraversare la fiumara del Precariti (Km 12,000). Proseguiremo diritti sino all’incrocio dove si svolta sulla destra per proseguire sulla via della Trinità e poco più avanti si svolterà a sinistra (Km 13,100) dove avrà inizio il tratto sterrato che ci condurrà sulle colline verso il Santuario della Madonna dello Scoglio di S. Domenica; questo tratto sarà caratterizzato da tratti in sali-scendi e una discesa che finirà intercettando la strada asfaltata (Km 19,200) e che prosegue in salita sino alla piazza del Santuario.
Si risale per attraversare le case del borgo e si scende subito dopo la curva sulla sinistra (Km 22,100); si prosegue e si attraversa la fiumara del Precariti per poi risalire verso Placanica.
Rientro a Stignano, dove, superato il camposanto, troverete sulla sinistra il convento di S. Antonio; una ripida discesa asfaltata giunge al bivio dove svoltando a sinistra si scende per il campo sportivo.
Stignano
Chiesa Matrice “Parrocchia Annunciazione”, dove poter visionare la Pale di Cozza e il mezzobusto di Santa Barbara in marmo.
Piazza Forzio, pregiata da un meraviglioso Belvedere della valle confinante con il mare
Continuando su via Forzo, cuore del borgo, si possono ammirare le caratteristiche “Lammie” (Arcate) sino a giungere in Piazza San Rocco, con omonima chiesetta.
Risalendo, poi, verso via Roma “la Pitta China” si arriva a Piazza Tommaso Campanella, Insinuandosi giù per le scalette si scorgerà la casa del filosofo Tommaso Campanella
Cucina Locale : liquore tipico “la Liquirizia” ,”la Pasta alla Stignanese”, “Trippa” e “le Verdure Selvatiche” ,senza dimenticare la “Porchetta” e l’innovativo “Decotto di Foglie d’Ulivo”.
Le ferriere itineranti- Parco Naturale delle Serre – Lacina- Brognaturo
Inizio percorso dall’Oasi: circa 45 km oppure 60 km a seconda della strada scelta (Itinerario Onda d’Urto)
Il percorso avrà una lunghezza complessiva di 45 Km, di cui l’90% su strade sterrate.
Si raccomanda buona preparazione fisica e sul percorso ci sarà la possibilità di rifornimento d’acqua in alcune sorgenti.
Come arrivare:
Dalla S.S. 106 provenienti da Catanzaro proseguire per S.Andrea Apostolo dello Jonio dopo due km svoltare a sx per piano dei Pecorai – Serra S. Bruno
Distanza: 45.2 km
Attenzione al percorso, la tappa prevedeva frecce del bivio da prendere, nastri bicolori rosso/bianco.
La partenza avverrà dall’Hotel della Lacina, Loc. Lacina, Brognaturo, si percorrono dei sentieri che portano in quota per poi ridiscendere attraversando maestosi boschi di conifere e faggi. Un breve tratto di strada asfaltata conduce al centro storico di Mongiana.
L’itinerario prosegue affrontando una pista in parte in salita e successivamente in discesa sino a giungere alla residenza estiva di Ferdinando IV la “Ferdinandea”.. Si prosegue attraversando i boschi che ci riporteranno al punto di partenza.
A Mongiana si trovano i ruderi dell’ex fabbrica d’armi risalenti al XVIII sec, della fonderia con l’altoforno e i resti del mulino ad acqua, la fontana degli operai ed alcuni reperti storici custoditi all’interno della sede della stessa Proloco.
La ferriera di Mongiana è stata fondata durante il Regno di Ferdinando IV di Borbone, ha origini antichissime (fonderie fenice) di cui restano numerose tracce nel territorio compreso tra Stilo e Serra San Bruno.
Gli antichi abitanti sfruttavano sul posto le risorse del sottosuolo, fondevano il rame, il piombo, il ferro. Le miniere di Pazzano da cui si estraeva la limonite, minerale ricco di ferro, riforniva di materia prima le fonderie di Mongiana diventando così il fulcro intorno alla quale si sviluppa l’industria del ferro napoletana. L’enorme fabbisogno di combustibile rendeva le Ferriere industrie nomadi all’inseguimento di boschi da carbonizzare. Le Ferriere cosiddette Itineranti, perché la distruzione delle foreste loro limitrofe metteva le bocche dei forni in cammino alla ricerca di nuovi boschi da divorare. Nel 1771 distrutto il bosco stilenese, i forni giungono in località “Cima” detta in seguito “Mongiana” dal nome di un ruscello che scorreva sulla Piana stagliata S.Micone, al centro di foltissime selve. Nel sec. XVII nasce un vero e proprio distretto siderurgico calabrese, comprendente, Mongiana e Ferdinandea con tre altiforni: Santa Barbara, San Ferdinando e San Francesco, varie officine lungo il corso dei fiumi Ninfo e Allaro. Era attiva anche una fabbrica d’armi che fino al 1864 produceva fucili, baionetta, accessori, sciabola e pugnale; oltre alle armi furono proprio qui costruiti i binari della linea ferroviaria Napoli – Portici, i primi ponti in ferro e le stesse colonne in ghisa dell’ingresso della stessa fabbrica d’armi.
Oggi l’edificio è in fase conclusiva di restauro per la creazione di un Museo – Territorio.
Consigliata anche la visita al Parco di Villa Vittoria di Mongiana dove è possibile vedere oltre 200 esemplari di piante officinali, molto comuni del territorio suddivise in medicinali, velenose e aromatiche. La fauna è invece costituita da cavalli di razza avelignese e morgese, cinghiali, mufloni daini, cervi, caprioli fagiani, pavoni. Fra gli uccelli è possibile vedere la poiana, il barbagianni la gazza la cornacchia la nocciolaia il colombaccio lo scricciolo la ghiandaia il picchio verde. Il tutto è gestito dal Corpo Forestale dello Stato.
Residenza estiva di Ferdinando IV la “Ferdinandea”, una visita al parco interno della residenza e ai vari stemmi araldici.
ITINERARI 7
Stilo, il borgo fra mare e montagne
Inizio percorso dall’Oasi: 60 Km.
Stilo (o stilu in calabrese) si trova ai piedi del monte Consolino, a 386 metri d’altitudine… vista mare, quel mare cristallino che rientra nel comune di Monasterace Marina. La giornata tersa e calda (ma non troppo!) è l’ideale per iniziare il nostro percorso ciclabile dal mare ai monti di questa Calabria poco conosciuta.
Una brezza tiepida soffia dal mare perdendosi fra le alture dietro Stilo. Pedalando lentamente nella piana del torrente Stilaro che presto si getterà nel mare Ionio, ci guardiamo intorno estasiati: la Natura intatta di questo lembo di Calabria ci lascia senza fiato spronandoci a spalancare ancora di più gli occhi nonostante il sole di metà maggio sia già tenace ed insistente nel volerci infastidire. Stilo è a due pedalate da noi e, ad ogni istante, ci avviciniamo sempre di più costeggiando la SS110 su strade secondarie che si perdono nella valle.
Attraversiamo lo Stilaro che, silenzioso ci invita ad un tuffo rinfrescante, ed in contrada Manica iniziamo la risalita verso il borgo collinare. Qualche tornante con pendenze mai esagerate e siamo in piazza. Stilo sembra un paese degli anni 60, vivo e vivace. L’edificio più conosciuto di questo borgo, ed anche destinazione della prima parte del nostro viaggio in bici, è la Cattolica, una piccola chiesa bizantina molto pittoresca risalente al IX secolo! Arrivo a La Cattolica sudata come un panno bagnato: nessuno mi aveva avvertito dell’ultima salita! Prendo fiato, fingo di scrutare l’orizzonte per recuperare il respiro perduto in qualche pedalata sulla strada, poi mi accorgo che il panorama è davvero incantevole con il verde dei prati che si spegne nel blu intenso del mare. Valeva proprio la pena di arrivare fin quassù! UN giro veloce per Stilo ci fa scoprire angoli graziosi che raccontano storie d’altri tempi .
VINO DOC ED ANTICHI MONASTERI
Il nostro itinerario ciclabile prosegue nei dintorni di Stilo che iniziamo ad esplorare appena lasciato il bel borgo sulla collina. La presenza dello Stilaro è una costante sicura e fragorosa in questa parte del tragitto: dalle montagne le nevi si stanno sciogliendo rapidamente e le acque che per la maggior parte dell’anno appaiono placide, oggi sono particolarmente vigorose. Proseguiamo beati su Via Concordia, in direzione di Bivongi pronti ad imboccare il bivio sulla destra lungo il torrente Pardalà che poi lasceremo per risalire la strada alla ricerca del Monastero greco-ortodosso di San Giovanni Theristis. Sotto l’influenza bizantina fino al IX secolo, la Calabria conserva ancora oggi tesori inimmaginabili nei numerosi resti di monasteri a ridosso dell’Aspromonte.
Quello dedicato a San Giovanni Theristis venne costruito nel XI secolo e fu
la casa di monaci dotti ed eruditi fino al XV secolo, quando ne iniziò la decadenza. Abbandonato per secoli, fu poi riscoperto quasi per caso all’inizio del 1900. Il monastero di San Giovanni Theristis fu il primo ad essere fondato direttamente dai monaci provenienti dal monte Athos e questo è un vero primato di cui andare fieri! Oggi è proprietà del comune di Bivongi che lo ha dato in custodia alla chiesa ortodossa rumena in Italia per 99 anni.
Attraversiamo lo Stilaro che, silenzioso ci invita ad un tuffo rinfrescante, ed in contrada Manica iniziamo la risalita verso il borgo collinare. Qualche tornante con pendenze mai esagerate e siamo in piazza. Stilo sembra un paese degli anni 60, vivo e vivace. L’edificio più conosciuto di questo borgo, ed anche destinazione della prima parte del nostro viaggio in bici, è la Cattolica, una piccola chiesa bizantina molto pittoresca risalente al IX secolo! Arrivo a La Cattolica sudata come un panno bagnato: nessuno mi aveva avvertito dell’ultima salita! Prendo fiato, fingo di scrutare l’orizzonte per recuperare il respiro perduto in qualche pedalata sulla strada, poi mi accorgo che il panorama è davvero incantevole con il verde dei prati che si spegne nel blu intenso del mare. Valeva proprio la pena di arrivare fin quassù! UN giro veloce per Stilo ci fa scoprire angoli graziosi che raccontano storie d’altri tempi .
Camminare in questo luogo mistico è un’esperienza insolita: conoscere la storia del monastero, immaginare la vita in questi luoghi fra le montagne, le difficoltà, i periodi bui… e poi ritrovarsi catapultati nel monastero nel XXI secolo, improvvisamente! Il tutto fa pensare…
Pedalando a ritroso sull’asfalto in direzione di Bivongi, noto per caso il cartello che indica il sentiero verso il Monastero SS. Apostoli.
Poche pedalate e le rovine appaiono appena fra i rovi e le sterpaglie: qui la Natura si sta riprendendo lo spazio che le fu tolto secoli fa da questa struttura ormai abbandonata da tutti
Chi lo ha detto che un buon bicchiere di vino rosso non è concesso quando si pedala?
Bivongi vanta un ottimo vino doc, un rosso nato dai vigneti di questa zona fertile della Calabria, un vino che proprio non possiamo perderci in un giro in biciletta da queste parti! Allungando la pausa di una mezzoretta, riusciamo a concederci il privilegio di assaggiare anche il gustoso succo di bergamotto, introvabile dalle nostre parti… purtroppo!
Un percorso ciclabile lontano dal traffico
Dal centro di Bivongi, una strada a tornanti sale in direzione di Pazzano: son quasi 200 metri di dislivello per raggiungere il paesino meno abitato della Valle dello Stilaro e sotto il sole del primo pomeriggio è davvero faticoso. Pedalando nella macchia mediterranea intravedo una lepre saltellare in un cespuglio, che incontro! I resti della vecchia industria siderurgica calabrese ha lasciato qui tracce indelebili. Si possono visitare diversi mulini ma tutto sembra ormai un vecchio ricordo. Nel comune di Pazzano, là sui monti, nasce il torrente Stilaro che nel suo breve tragitto verso il mare ha creato la valle dominata da Stilo.
In paese sono cordiali e stupiti dalla nostra presenza: non sono tanti i cicloviaggiatori a spingersi fin nel profondo entroterra calabrese e l’impatto con questa realtà è davvero intenso e coinvolgente. Da Pazzano decidiamo di tornare verso Stilo scendendo sulla via Nazionale, evitando così la SS110. La Calabria è impressionante: appena si lascia il litorale e ci si avventura un pochino nell’entroterra si viene a contatto con realtà curiose ed incredibili. Per il vostro viaggio in bici portatevi la tenda e cercate di vivere la Calabria nel modo più essenziale e spontaneo possibile, seguendo il vostro ritmo ideale di pedalata e godendovi le bellezze naturali che questa terra offre.
Cosa mangiare: durante una viaggio in Calabria in bicicletta non si può tralasciare la ricchezza enogastronomica del territorio: nella zona di Stilo, seguendo il nostro percorso ciclabile, vi imbatterete in trattorie ed osterie tipiche dove assaggiare piatti tipici della tradizione calabrese… preparatevi a pietanze gustose ed un pochino piccanti!
Da provare: pasta e casa, pasta con lumache (pasta e lambà), il pecorino, la parmigiana e la soppressata. Un consiglio è quello di fermarvi al baracchino fuori da la Cattolica che propone affettati calabresi a prezzi onesti con vista sulla valle dello Stilaro!
ITINERARI 8
descritti da Turisti per Caso
Costa calabra in bicicletta
Pedalare cullati dal rumore delle onde sulla punta dello stivale. Un viaggio di dieci giorni su due ruote, da realizzare con l’ausilio del treno e delle corriere.
La star di questo itinerario che non richiede gambe da atleti è il mare come paesaggio, ma non va trascurato il richiamo esercitato da alcuni borghi suggestivi e dalle vestigia di antiche civiltà, che testimoniano un’eredità storica millenaria. La biciclettadà la possibilità di tagliare per vie secondarie, ma al contempo di non perdersi ciò che di più prezioso la regione ha da offrire e questo senza mai dover cercare un parcheggio.
Le stazioni che io ho utilizzato sono Praia, Tropea, Pizzo, Scilla, Catanzaro Lido, Locri, Roccella Ionica, Monasterace, Badolato, Crotone, Botricello. Tuttavia usufruendo delle linee di bus locali si possono evitare faticose pedalate in salita. Per esempio per andare dalla stazione FS di Locri a Gerace (9 km di salita) si può viaggiare con Mediterranea trasporti tel. 0965-639009, mentre per spostarsi da Monasterace a Stilo si può chiedere l’assistenza di Autolinee Federico tel. 0964-232733, www.autolineefederico.it.
La SS106 da Crotone a Catanzaro Lido è collegata dalle corriere di Romano via Ruffo, 16 – Crotone, tel. 0962.21709, l’unico problema è che le fermate non sono segnalate in alcun modo.
Badolato Marina, Caminia, Copanello, Parco archeologico Scolacium a Roccelletta
Con la littorina si raggiunge Badolato Marina, e da qui si torna indietro in bicicletta facendo una capatina sulla maggior parte delle spiagge, per vedere come sono e cercando di lasciarsi alle spalle il più possibile il ruggito della statale 106. Il lungomare di Badolato è abbastanza “ruspante”, c’è qualche stabilimento balneare, ma in generale l’ambiente è piuttosto naturale: il problema è che per colpa delle fiumare -cioè corsi d’acqua ad andamento stagionale-, che separano le diverse località balneari, non è mai possibile passare da un lido all’altro usando la viabilità secondaria senza riguadagnare la statale. C’è anche un’altra difficoltà: spesso i binari rappresentano una barriera per andare dalla 106 al mare e viceversa, per cui bisogna scovare un sottopasso o un cavalcavia. Comunque il pianeggiante litorale dopo il porticciolo turistico di Badolato fino oltreSant’Andrea dello Ionio è meraviglioso, la costa è miracolosamente intatta, orlata di pinete, uliveti e agrumeti, in mezzo ai quali si può scorazzare in MTB.
Poco più avanti si transita per Soverato e Pietragrande, lidi che hanno ceduto al turismo di massa e dove la corsa alla speculazione edilizia ha iniziato a nuocere all’ambiente.
Proprio oltre un favoloso belvedere situato sulla scogliera granitica a precipizio sul mare di Caminia, a sinistra, un cancello appena socchiuso permette di accedere a un tratto non aperto al traffico della vecchia 106. Ammetto che per via delle frane è un po’ pericoloso avventurarsi lungo questa strada, che prevede un’impennata altimetrica. La mia schiena assorbe malamente il sussultare della bici, che si infila nelle numerose buche del manto stradale e a volte scivola sul fango, però almeno qui le macchine non ci sono e inoltre si gode di una vista mozzafiato. Per uscire dal lato opposto qualcuno ha praticato un varco a forma di triangolo nella rete di sbarramento, attraverso il quale con la bicicletta si passa al pelo. Da questo punto in poi è necessario fare di nuovo parecchia attenzione alle auto. Poco prima del tunnel di Copanello, una ripida discesa a destra –via S. Martino- porta alle vasche di Cassiodoro, pozze naturali che si aprono fra gli scogli, usate come vivai per l’itticoltura, che un tempo si trovavano accanto al monastero fondato appunto da Cassiodoro, politico e scrittore nato nel 490 d.C. da una famiglia di origine siriana trasferitasi in Calabria, ma cresciuto a Ravenna, alla corte di Teodorico. Lungo la strada si vedono anche i ruderi di un piccolo edificio di culto, la chiesetta di S. Martino
Usciti dalla galleria di Copanello si può scendere al lido omonimo, che è una conosciuta e apprezzata località turistica, anche se non capisco perché, dato che io l’ho vista maltenuta, sporca, con delle palme bruciate dalla salsedine e sfrangiate dalla brezza marina, con ingombranti bar, ristoranti e resort che rovinano il panorama.
A pochi chilometri da Catanzaro Lido, a Roccelletta di Borgia, sorge il parco archeologico di Scolacium, splendidamente inserito in un contesto rurale. Fortunatamente per gli archeologi il paese di Squillace è cresciuto lontano dai resti dell’antica città romana fondata attorno al 123 a.C. e non in cima ad essi, come a volte accade. Gli scavi, iniziati nel 1966, hanno dissotterrato le rovine di un teatro, di un anfiteatro e del foro, i cui resti sono sparpagliati sulle pendici di una collina sopra il mare e circondati da una stupenda distesa di ulivi. Di Skylletion, insediamento magno greco del VI sec. a.C., invece, rimane poco più che il ricordo. Suggerisco di cominciare dalla visita del museo, che costituisce un’imprescindibile preparazione a quella della contigua area archeologica. Le collezioni, che sono state recentemente sottoposte a un nuovo allestimento, comprendono una serie di statue di togato, teste di personaggi di rilievo della colonia, oltre a reperti metallici e ceramici dagli scavi delle principali zone dell’abitato.
Al lido di Roccelletta di Borgia una vasta pineta si estende proprio a ridosso dei begli arenili sabbiosi battuti dalle onde. L’unico elemento negativo che reca offesa a tanta bellezza è il pattume !
Locri-Gerace Archeologia e Borgo antico
Si prende il treno e si scende alla stazione di Locri. Dal piazzale della stazione parte un minibus di Mediterranea per Gerace. L’autista mi autorizza a caricare la mia due ruote in mezzo ai sedili. In capo a una ventina di minuti sto già risalendo la china di via della Resistenza e, giunta allo slargo del Baglio, resto a bocca aperta di fronte ai grandiosi resti diroccati del castello normanno, perché i colori smaglianti del cielo e delle montagne, che fanno da attraente cornice ambientale, sono esaltati dalla limpidezza dell’aria e tutto l’insieme è uno spettacolo per la vista e per lo spirito.
Siccome adesso mi trovo nel punto più alto di Gerace non mi resta che scendere, per cui filo giù per via Buonarroti e mi ritrovo in Piazza Tribuna, sulla quale si affacciano le grigie absidi semicilindriche della sbalorditiva cattedrale bizantino-normanna. L’interno, a tre navate, ha linee semplici ed eleganti.
Uscendo dal duomo e imboccando la via Caduti sul Lavoro si raggiunge la Piazza delle Tre Chiese, dove si ammirano la chiesa del Sacro Cuore, quella di San Francesco e quella greco-ortodossa di San Giovannello, la più piccina e graziosa di tutte. Poi, addentrandosi nel labirinto di vicoli della Città Alta, si colgono piccoli ma preziosi dettagli, come le due finestre bifore di fattura catalana di Palazzo Delfino. Da Piazza del Tocco, anticamente luogo delle pubbliche adunanze, tramite la via Sottoprefettura si arriva al Belvedere delle Bombarde, che regala una vista emozionante sulla costa ionica.
Proseguendo per via Roma si giunge al Rione Borghetto e, attraversata la porta urbica, si scivola veloci per la SP1 fino al defilato quartiere della Piana, dove si trova una pineta che offre scorci superbi sul centro storico, di cui si apprezza la felice posizione su un cumulo di arenaria dalle pareti a picco. Una volta superato il Borgo Maggiore si scende senza pedalare, in caduta libera, per circa 8 km per la ex statale Locri-Gioia Tauro lungo un percorso a tornanti che asseconda le colline fino all’intersezione con la 106.
Ancora tre chilometri di 106 in piano e si è a Locri Epizephiri. L’area degli scavi della città magno-greca di Locri (municipium romano dall’89 a.C.), non suscita una notevole impressione, sebbene sia piuttosto articolata ed estesa su un territorio di circa 300 Ha, poiché di tutti gli edifici è visibile solo il perimetro in pietra: manca l’elemento verticale, che nei secoli è andato perduto. In particolare il settore urbanistico periferico conosciuto con il nome di Centocamere, malgrado il percorso sia segnalato da pannelli esplicativi, lascia il turista un po’ spaesato.
La porzione più vistosa del sito è quella di contrada Marasà, dove un’unica colonna di un tempio ionico è stata ricollocata su un blocco moderno. Il Casino Macrì, se lo si trova aperto, cosa non scontata perché ha un orario assai ridotto, non va tralasciato, giacché vi si scopre la mole di un edificio termale pubblico romano risalente al II sec. d.C. mai completato né entrato in funzione e, in una casa colonica accanto alla masseria, si contempla la statua in marmo del I sec. d.C. del Togato di Petrara, forse un magistrato della Locri romana.
Anche il Museo archeologico nazionale è una parte essenziale della visita. Tra i vari reperti specialmente degni di attenzione sono i pínakes, frammenti di sottili tavolette votive a bassissimo rilievo, risalenti al V sec. a.C. ritrovati nel santuario di Persefone alla Mannella: erano doni che i pellegrini portavano in omaggio alla dea.
Uscendo dall’area museale e imboccando una stradella campestre che fiancheggia a Est il recinto della zona archeologica, sul lato opposto rispetto all’ingresso, si accede, di frodo (ufficialmente chiuso, ma accessibile passando per un enorme buco nella rete), al teatro greco del IV sec. a.C., ristrutturato ai tempi dell’Impero Romano per ospitare sanguinosi spettacoli gladiatori e circensi, e disposto scenograficamente lungo le pendici di una collina che digrada verso il mare. La cavea, ovvero la zona riservata al pubblico, era in grado di ospitare dalle 4.500 alle 5.000 persone e si intuisce ancora quanto doveva essere elegante e grandioso l’edificio nella fase di maggior splendore, anche se ora rimangono solo delle macerie.
Stilo. Il Paese antico, la Cattolica bizantina.
Si arriva in treno a Monasterace Marina e per evitare l’impegno della salita si puo’ raggiungere Stilo con un bus di Autolinee Federico. Nel paese di cui era originario Tommaso Campanella rimango affascinata dalla Cattolica, un prodigio di armonia, con le sue cinque cupolette di mattoni decorate in cotto e la sua posizione dominante sulla valle scavata dal fiume Stilaro. Al ritorno non mi resta che lasciarmi andare all’ebbrezza della discesa lungo la SS110, che si snoda con curve e controcurve per 15 km fino a Monasterace Marina. Completo la giornata godendomi gli ultimi colpi di pedale nella pineta di Giovino e sulle spiagge di Simeri, Ruggero e Sellìa, perfette per salutari passeggiate in mezzo a una vegetazione generosa
ALTRI ITINERARI
Villaggio Mancuso (Sila piccola)
Percorso: Il percorso avrà una lunghezza complessiva di circa 55 Km, di cui l’80% su strade sterrate. Un tratto iniziale di circa 9 km su asfalto ci porterà all’inizio dell’ avventura che si svilupperà nel Parco Nazionale della Sila Piccola.
Grado di difficoltà tecnica ed atletica medio.
La partenza avverrà dal Villaggio Mancuso, Hotel Olimpo.
Saranno percorsi sentieri sconosciuti dal turismo di massa, resi percorribili per l’occasione, lungo i quali si potranno scorgere tipici monoliti rocciosi, vere sculture naturali, maestosi boschi di conifere e faggi, affascinanti corsi d’acqua ed incantevoli cascate, senza escludere la possibilità di scorgere animali selvatici quali il cinghiale, la volpe, il capriolo. Vivremo una giornata completamente immersi nella natura e lontani da qualsiasi insediamento umano.
INFO sul sito Onda d’Urto
Cardinale – Parco delle Serre
Il percorso si sviluppa per 25 km, di cui 90% sterrato e 10% asfalto verso le aree paesaggistiche più belle e incontaminate del parco delle serre, punto di contatto tra la Sila e l’Aspromonte