STORIA E ARTE IN CALABRIA
Le tracce delle stratificazioni storiche e culturali di questa terra abitata fin dall’età neolitica, emergono in forme e modalità diverse e in più luoghi, a testimoniare quanto essa sia stata generosa; culla di idee e conoscenze che abbracciano ogni ambito dello spirito e delle attività umane.
SCOLACIUM Parco Archeologico e Museo
Dalla Magna Grecia ai Normanni – a 4 km dall’Oasi
Uno spettacolare sito tra gli ulivi con punto ristoro a Roccelletta di Borgia.
Skylletion, che la tradizione vuole fondata da Ulisse, fu un’importantissima città della Magna Grecia, poi divenuta città romana con il nome di Minervia Augusta Scolacium. Il nucleo urbano antico si trova nel territorio più vicino al mare, ed è paragonato per importanza a siti come Ercolano o Paestum; Gli scavi all’interno del Parco Archeologico hanno riportato alla luce i resti di costruzioni di epoca romana quali il teatro, l’anfiteatro, le terme, le strade lastricate, l’acquedotto, mentre dell’antica Skylletion greca, non sono ancora emerse strutture murarie, a causa della sovrapposizione della città romana; molteplici sono, comunque, i rinvenimenti ceramici del IV, V e VI secolo a.C.. che si possono attualmente visitare nel museo del parco archeologico, ricavato in quella che era l’abitazione dei baroni Mazza. All’interno del parco si possono ammirare i ruderi della chiesa di S. Maria di Roccella, edificata dai Normanni tra la fine dell’XI e la prima metà del XII secolo. Dall’analisi di quanto resta dell’edificio emerge una commistione tra le forme del romanico occidentale e la cultura bizantina. Fu patria di Aurelio Cassiodoro.
SQUILLACE ALTA
Il Borgo e il Castello a 7 km dall’Oasi
A pochi chilometri dalla costa su una collina a ridosso di un burrone è il centro di Squillace. ll paese conserva ancora il suo aspetto medievale e i resti del suggestivo castello normanno. È ancora viva l’antica tradizione della ceramica artigianale che viene lavorata e decorata nelle antiche botteghe con le stesse tecniche di cento anni fa.
Il castello di Squillace domina il paese dal punto più alto del colle. Fu edificato dai Normanni nella seconda metà dell’XI secolo a conclusione della campagna di conquista della Calabria contro i Bizantini che avevano posseduto la regione, e più in generale l’Italia Meridionale, per oltre 5 secoli. Squillace, in epoca normanna, costituisce il caposaldo amministrativo, politico e religioso più importante della costa ionica. E’ qui che Ruggero d’Altavilla dona a San Bruno di Colonia i territori dove poi sarà costruita la certosa di Serra San Bruno. Il periodo normanno è sicuramente il più importante per Squillace, che vive un momento di grande fervore politico-amministrativo, economico e religioso. I primi del XIII secolo sono fondamentali per la storia di Squillace: è in questo momento che per la prima volta l’insediamento viene infeudato sotto un conte ed alla presenza di un castellanus.
Percorrendo il corso principale di Squillace, intitolato al concittadino Generale Guglielmo Pepe, si possono ammirare numerosi artistici portali in pietra lavorata, alcuni antecedenti il famoso terremoto del 1783 altri successivi. Si pensa che gli stessi scalpellini che lavorarono alla facciata della Cattedrale abbiano poi lavorato a lungo a Squillace, per conto dei patrizi squillacesi che vollero ornare i loro palazzi. Si tratta di portali imponenti, bugnati e con chiave di volta diversa l’una dall’altra. Salendo a sinistra, in uno spiazzo, c’è il portale di Palazzo Baldaya, poi quello di Palazzo Pepe (oggi Municipio), quindi quello di Palazzo MaidaChillà (Via S. Matteo); segue quello di casa Mungo, di casa Chillà, di Casa Megna , quindi quello del secondo Palazzo Pepe (con corte, affresco al soffitto e pozzo). All’interno del cortile, sulla destra, si può ammirare un altro magnifico portale lavorato finemente, con lo stemma in pietra della famiglia Ferrari. Sono solo alcuni tra le centinaia di portali sparsi in ogni angolo del borgo, tutti belli e quasi integri, nonostante il tempo. Alcuni portali sono anteriori al terremoto del 1783, quello della Chiesa di S. Pietro, quello isolato in Piazza Castello e un altro nella discesa di Via dell’Antico Senato.
Fiorente e di antica tradizione è l’artigianato della ceramica e della terracotta, tanto che Squillace rientra tra i ventisette comuni italiani che si possono fregiare del marchio DOC. Un’arte probabilmente molto antica che si sviluppò già in epoca magno-greca. Molte opere squillacesi sono conservate in musei di tutto il mondo: Londra, Parigi, New York, Capodimonte, Palermo. Il prodotto più importante degli artigiani del luogo è Sqllci 1654, un pezzo conservato nel Museo Provinciale di Catanzaro, ora disperso.
http://www.squillace.org/la-ceramica-artistica-di-squillace/
Decò Art
Tra le tante botteghe artigiane questa è situata in un palazzo molto suggestivo. Bei pezzi e cortesia. Da vedere.
Corso Guglielmo Pepe 50, 88069 Squillace, +39 0961 91202 – scopri di più su TripAdvisor
Bottega D’Arte Ceramiche Il Tornio
Viale Fuori Le Porte 46/48, 88069 Squillace, +39 0961 91244 – scopri di più su TripAdvisor
SITI RELIGIOSI E LUOGHI SACRI
Il complesso monasteriale di S. Chiara ebbe un ruolo fondamentale per la crescita urbana della città e diocesi di Squillace, che nel corso dei secoli si articolò in diversi corpi edilizi e che fu fondato nel lontano 31 agosto 1331, quando il Conte di Squillace Tommaso Marzano e Grande Ammiraglio del Regno di Napoli, chiese con supplica al Papa Giovanni XXII, allora in Avignone, ed ottenne l’autorizzazione a fondare tale monastero, realizzandolo soltanto, con l’appoggio del Vescovo di Squillace dell’epoca, sessanta anni dopo la morte di Santa Chiara. Tuttavia secondo il Fiore la costruzione sarebbe avvenuta nel 1581, anno in cui un certo Marcello Minniti, di Guardavalle, avrebbe fabbricato il monastero, detto dopo di allora delle Minniti, perché in esso numerose erano le converse appartenenti a quella famiglia. La superficie reale occupata dai ruderi e dall’edificio Monastero si può delimitare ad un’area di circa 960 m²; i lati sud-est e nord-ovest danno sulla strada principale che sale in paese. Tale strada da sud sale adiacente sul lato ruderi della chiesa per poi curvare e portarsi in direzione opposta adiacente al lato nord-ovest del monastero. Questo tornante circoscrive un’area semicircolare adibita a piazzetta davanti alla facciata principale della Chiesa di S.Chiara.
Il piccolo edificio dedicato a S. Maria della Pietà ed anche noto come “Chiesetta gotica”, si trova non lontano dalla Basilica Minore e da palazzo Assanti-Palmisani, nei pressi di via dell’Antico Senato. Consacrato ad edificio di culto solo dal 1853 per volere del vescovo Concezio Pasquini, è possibile far risalire l’originaria costruzione dell’edificio al XIII secolo, nell’ambito forse dell’impulso urbanistico dato a Squillace dalla dinastia Sveva. Si tratta di un’aula a pianta quadrangolare, suddivisa in quattro campate da un pilastro centrale piuttosto massiccio e posizionato in modo obliquo rispetto ai muri perimetrali. Le campate sono coperte con volte a crociera costolonate con conci squadrati di calcare. Le chiavi delle quattro volte sono decorate con motivi geometrici e floreali. La porta originaria, che costituisce ancora oggi l’accesso principale, apre sul lato est ed è esaltata da un portale a sesto acuto in conci di calcare bianco. Dubbi sull’originalità del prospetto sud, dove sia il secondo accesso che le monofore sembrano posteriori: si tratterebbe in questo caso del riuso di materiali di pregio di XIII-XIV secolo provenienti forse dal medesimo edificio, riadattati quando nel XIX secolo l’aula fu restaurata per volere del nobile Giuseppe Rotella Marincola, in prospettiva della trasformazione in chiesa. Un piccolo saggio archeologico effettuato nell’edificio ha permesso di verificare l’assenza di strutture e stratigrafie anteriori ad esso.
La chiesa, realizzata dopo il terremoto del 1783, presenta una splendida facciata con timpano spezzato contornata da figure femminili scolpite a bassorilievo, insolitamente a seno nudo.
Il Santuario della Madonna del ponte si trova in posizione raccolta e nascosta, ai piedi del colle di Squillace, nel punto in cui i due fiumi che lo circondano, l’Alessi e il Ghetterello, si uniscono per sfociare insieme nello Jonio.. Nell’altomedioevo, prima dell’edificazione del Santuario, si trovava in questi luoghi un cenobio forse di origine brasiliana. Secondo la leggenda la chiesa fu costruita a ricordo di una giovane liberata dal demonio dopo aver visto il dipinto della Vergine su un vecchio muro. L’affresco, ancor oggi visibile, raffigura la Madonna nell’atto di allattare il Bambino. La stessa raffigurazione è presenta incisa su una campana che data al 1585. Il dato certo è che nel 1724 la nuova chiesa era già in funzione.
SITI STORICI
Il Ponte Ghetterello, più noto come “Ponte del Diavolo”, si trova ai piedi del versante nord della rupe di Squillace. Permetteva l’attraversamento dell’omonimo fiume, in relazione ad una delle entrate al borgo, quella regolata dalla Porta Giudaica, così chiamata per la presenza della Giudecca, il quartiere ebraico, presente forse a Squillace già dal XIII secolo. Il ponte è costruito in pietra locale (granito non lavorato) e presenta un’arcata ogivale, a cosiddetta “schiena d’asino”. Un foro circolare praticato nella muratura permette il miglior deflusso dell’acqua in caso di piena. Il ponte era ben visibile dal castello e ciò ne permetteva la difesa in caso di pericolo.sec. XIV.
I reperti che sono ospitati nel museo provengono dal territorio di Stalettì, ed in particolare da tre aree: il sito ellenistico in località Chillino (IV sec. a.C.), la chiesa di San martino di Copanello (V-X sec.), il castrum bizantino di S. Maria del Mare (VI-XI secolo).
Il percorso di scientifico è di tipo cronologico.
Sala 1. Questa sala, localizzata a sinistra dell’entrata ospita i reperti risalenti all’epoca classica. Si tratta essenzialmente di materiali ceramici provenienti dal sito di Chillino e dalla fase greca dell’insediamento di S. Maria del Mare.
Sala 2. Questa sala ospita il periodo tardoantico ed altomedievale. Qui trovano posto alcuni frammenti architettonici di pregio (colonnine e capitelli) recuperati negli anni Sessanta dalla chiesa di S. Martino, il sarcofago in pietra locale attualmente ancora in situ nelle medesima chiesa e i reperti che attestano la fase di VI-VII secolo del castrum bizantino di S. Maria del Mare (ceramiche, monete, oggetti in bronzo, ferro e vetro). Pannelli didattici alle pareti espongono la storia del territorio tra Tarda Antichità ed Altomedioevo, puntando l’attenzione in particolare sulla figura di Cassiodoro e sulla prima occupazione bizantina.
Sala 3. In questa sala sono esposti i manufatti risalenti al secondo periodo bizantino (IX-XI secolo), fino alla conquista normanna. I reperti provengono in maggioranza dal castrum di S. Maria del Mare: si tratta in prevalenza di ceramiche, ma vi sono anche molte monete tra cui un tarì in oro, oggetti in ferro e bronzo e l’importantissimo deposito di granate bizantine. Pannelli didattici alle pareti espongono la storia del territorio ed in particolare del castrum tra la distruzione di epoca longobarda e la conquista normanna.
Piano Terra di Palazzo Aracri, Squillace, Italia
Il percorso scientifico ALA SINISTRA
Il progetto scientifico punta alla ricostruzione della storia dell’insediamento di Squillace e del suo territorio attraverso i reperti archeologici provenienti dalle ricerche condotte negli anni ‘90-‘11 (scavi e ricognizioni) nonché donazioni.
Lo studio dei reperti, attualmente in corso, ha permesso di organizzare il percorso per fasi cronologiche scandite dai materiali ritrovati:
- Sala 2a: Il territorio dalla preistoria all’età romana
- Sala 2b: Dall’ Alto Medioevo alla fase Normanna (VI/VII sec. – XII sec.);
- Sala 3a: Dal periodo normanno-svevo agli Aragonesi ( XIII sec. – XIV sec.);
- Sala 3b: Dagli Aragonesi all’insediamento dei Borgia (XV sec.- XVI sec.).
Si tratta in maggioranza di manufatti che coprono un arco cronologico che va dal Neolotico al XVI secolo: punte di freccia, raschiatoi, ossidiane, ceramiche, oggetti in ferro, bronzo e vetro, monete, gioielli, copie di iscrizioni. Il percorso didattico si sviluppa attraverso vetrine espositive, sia a muro che a tutto tondo accompagnate da pannelli esplicativi nei quali si cercherà di bilanciare il rapporto tra informazioni ed immagini, al fine di rendere più leggero il percorso anche per i non addetti ai lavori.
Il percorso scientifico ALA DESTRA
L’allestimento dell’ala destra costituisce il completamento dell’esposizione contenuta nell’ala sinistra del Museo, che contiene reperti dell’Antichità Classsica provenienti dal territorio e reperti che vanno dall’Altomedioevo alla fine dell’XI secolo, provenienti dal castello.
Il percorso si organizza per classi di materiali e si sviluppa per un arco cronologico che va dal XII al XVI secolo. I reperti esposti sono in prevalenza ceramiche. In particolare:
- Ceramiche con decorazione a bande rosse (XII-XIV secolo);
- Ceramiche invetriate policrome (XIII-XVI secolo);
- Ceramiche ingobbiate e graffite (XV-XVI secolo);
- Ceramiche da cucina (XII- XVI secolo);
- Oggetti in metallo;
- Oggetti in vetro.
Pannelli didattici esposti alle pareti definiscono il percorso evolutivo di ogni singola classe di materiali e descrivono il contesto stratigrafico di ritrovamento.
Il Museo Diocesano di Arte Sacra di Squillace è stato costituito nel 1984 per volontà dell’Arcivescovo del tempo Antonio Cantisani ed ha sede nel Palazzo Vescovile, edificio risalente al 1564. La collezione occupa sei sale e raccoglie importanti testimonianze storico-artistiche, databili tra il XIV e il XIX secolo, quali ostensori, calici, candelabri, paramenti sacri, dipinti, sculture lignee e opere marmoree; la maggior parte delle opere esposte provengono dal tesoro dalla cattedrale normanna, distrutta dal terremoto del 1783, ma vi sono anche pregevoli testimonianze pervenute da altri edifici religiosi diocesani.
COPANELLO
A 6 Km dall’Oasi
L’intero territorio di Copanello è caratterizzato da colline rigogliose della tipica flora mediterranea e da promontori di granito bianco che digradano dolcemente verso il mare, creando arenili di sabbia fine, mista a scoglieregranitiche perforate in alcuni punti da grotte in cui si insinua il mare, la più famosa delle quali è quella di San Gregorio, al confine con Caminia.
L’area desta ancor più interesse per le vicende legate a Flavio Magno Aurelio Cassiodoro, primo ministro e consigliere di Teodorico, Re dei Goti, nato presumibilmente nel 485 d.C. a Scolacium. Cassiodoro, dopo aver cercato invano di coniugare la cultura orientale con quella occidentale, si ritirò nella terra natìa, dove fondò il Vivarium, il Monastero di Vivario, il cui nome deriverebbe dai vivai per l’allevamento dei pesci, costituiti da 3 vasche scavate nella roccia, che lo stesso Cassiodoro usò per trasferire i pesci presi in mare per allevarli e disporne per i bisogni del santuario. Le Vasche di Cassiodoro vanno oltre la funzione di acquacultura a cui erano destinate, poiché si intrecciano al significato del Vivarium, luogo di culto e fonte di nutrimento spirituale e scientifico per l’intera umanità, una sorta di moderna università. Dalle esigenze culturali e spirituali della comunità del Vivariense nasce la ricchissima produzione letteraria di Cassiodoro che, negli ultimi decenni della sua vita secolare, alimentò 9 delle 13 o più opere da lui scritte. Nella stessa area sono stati ritrovati i resti dell’antica Chiesa di San Martino, un piccolo edificio di culto a navata unica che custodisce un sarcofago in pietra con iscrizioni in greco, risalente al VIII sec. d.C., identificato per molto tempo come la tomba di Cassiodoro. La costruzione è stata fondata sui terreni appartenenti alla villa di Cassiodoro e, normalmente, identificata con il monastero Vivariense. A 8 Km
BORGIA
A 12 Km dall’Oasi
Secondo la leggenda Borgia fu fondata dall’eroe ateniese Menesteo di ritorno dalla guerra di Troia, o addirittura da Ulisse naufrago su quei lidi. Molto più probabilmente, la città fu fondata come subcolonia di Kroton per controllare l’istmo sui due mari. Nata come presidio militare ai danni della vicina Locri, fu centro di traffico commerciale sulla via dell’istmo attraverso i fiumi Amato e Corace. Passata nel IV secolo a.C. sotto il dominio dei Britti, la città alla fine del III secolo a.C. decadde. Nel 123-122 a.C., il senato di Roma, per opera di Caio Gracco, decise di fondare la Colonia di Minervia Scolacium. Il territorio della colonia non si limitava alla piana della Roccelletta, ma doveva estendersi alle zone pianeggianti lungo il Corace verso le attuali Borgia, Catanzaro Lido e Copanello. Passata sotto Spartaco nel 72 a.C., dopo una ripresa monumentale in età Giulio-Claudia, nel 96-98 d.C. fu fondata una nuova colonia ad opera dell’imperatore Nerva col nome di Colonia Minerva Nervia Augusta Scolacium e la città si ampliò con la costruzione dell’anfiteatro, la nuova scena del teatro e la costruzione delle terme.
SAN FLORIO E TIRIOLO: Sulle vie della Seta
La seta ha costituito la ricchezza non solo per la città capoluogo ma anche per l’intera Regione. Il Baco importato dagli arabi durante il loro passaggio in Calabria, continua ad essere allevato da un gruppo di giovani che hanno saputo guardare al futuro rimanendo legati alla grande risorsa del Gelso. Pianta che coltivano con cura e passione. Una visita al Museo della Seta e al Borgo di Tiriolo per abbracciare con un solo sguardo il mar Tirreno e lo Ionio è d’obbligo per chi vuole percorrere la costa ionica e assaporare le tradizioni calabresi.
CARAFFA e le sue Origini Albanesi
Il Centro culturale del Paese L’ISTITUTO ARBERESHE “G. GANGALE”.
Caraffa di Catanzaro è un paese arbëreshë (italo-albanese), fondato, durante una consistente ondata migratoria avvenuta intorno al 1448, da milizie Shqipetare, albanesi venuti al seguito di Demetrio Reres e dei due figli Basilio e Giorgio dall’altra sponda dello Ionio in aiuto al Re di Napoli Alfonso D’Aragona. Demetrio, per i servigi prestati al re, fu nominato governatore della provincia di Reggio, ed il suo seguito, rimasto in Calabria, ha dato origine ai paesi attorno a Catanzaro (Andali, Arietta, Caraffa, Carfizzi, Gizzeria, Marcedusa, Pallagorio, S. Nicola Dell’Alto, Vena di Maida, Zangarona).
Caraffa rappresenta uno tra i primi insediamenti albanesi d’Italia (che in successive migrazioni fondarono numerosi altri paesi in Calabria ed in tuttal’Italia meridionale); il nome ripete quello gentilizio della Famiglia Carafa, Duchi di Nocera, cui gli ospiti albanesi, in segno di gratitudine per la concessione dei terreni, ne consacrarono il villaggio per tempo immemore. Ancora oggi a Caraffa si parla un antico dialetto albanese, conservato solo per trasmissione orale, che mantiene molti punti di contatto soprattutto con le parlate tosche dell’Albania meridionale oggi lingua ufficiale della terra delle aquile. Il dialetto del nord è, invece, il ghego, da cui, forse per estensione è nato il termine gjegj con cui sono denominati gli Italo-Albanesi i quali chiamano se stessi ARBËRESHË. Gli iniziali insediamenti erano rappresentati oltre che da Caraffa, anche da Usito, dislocato più a valle, e da Arenoso, posto sull’omonimo colle alle porte dell’attuale centro abitato. Ben presto tutti gli abitanti si stabilirono sul costone pianeggiante circondato su tre lati da un profondo burrone che è tuttora il nucleo storico del paese e che per dei guerrieri, osteggiati dai paesi circostanti, rappresentava una buona posizione difensiva. Nel 1783 il disastroso terremoto che scuote l’intera regione distrugge gran parte del Centro albanofono causando un elevato numero di morti. Nel 1807, sotto il dominio francese, Caraffa ottiene autonomia gestionale divenendo Università (attuale Comune) del Comprensorio di Tiriolo. Nel 1834 raggiunge il Paese, nel corso di un viaggio che ha interessato tutta la Calabria e la Sicilia, Arthur John Strutt, letterato e pittore inglese, il quale descrive e dipinge in splendidi acquerelli l’abito tradizionale di Caraffa. Il Centro culturale del Paese L’ISTITUTO ARBERESHE “G. GANGALE”, fondato nel 1996, rientra già negli itinerari museali della Provincia di Catanzaro.
BADOLATO
Inizio percorso dall’Oasi: 50 Km. (Itinerario Onda d’Urto)
Badolato è un suggestivo borgo medievale caratterizzato da un impianto bizantino con numerose chiese disposte a forma di croce latina e da molti vicoli caratteristici. Situato in una posizione strategica del territorio Calabrese, offre al visitatore la possibilità di spaziare in tutte le dimensioni della magnifica natura che lo circonda, tra mare, collina, montagna e lago.
Il millenario borgo di Badolato conserva ancora intatta la struttura urbanistica medioevale costituita da suggestivi vicoli stretti e tortuosi che si intersecano fra le case l’una a ridosso dell’altra. Badolato si erge su di una collina che domina l’ampia vallata del torrente Gallipari, i cui aspri tratti e la bellezza si ammirano in tutto il loro splendore dagli innumerevoli belvedere che costellano la strada per la montagna e l’altopiano delle Serre. Quest’ultima collega l’antico borgo con la statale 106 permettendo così al visitatore di passare in pochi minuti dalla calda amenità della costa ionica al fascino di una montagna ancora incontaminata.
Badolato è stata fondata “un pacifico borgo” nel 1080 dal primo Duca di Calabria Roberto il Guiscardo, condottiero normanno. Il borgo sin dalle origini ebbe scopi eminentemente difensivi come confermato dalla cinta muraria e dal castello signorile risalenti circa al XII secolo; quest’ultimo, in particolare dotato di torre, fungeva da punto d’avvistamento contro le invasioni dei Saraceni o dei Turchi, che afflissero la Calabria per tutto l’Alto Medioevo. Purtroppo poco o nulla rimane oggi a testimonianza della fortificazione, se non la struttura stessa del paese, resti delle antiche porte medievali di accesso al paese con relative stradine di pietra, le innumerevoli stradine che si snodano in gironi concentrici, convergenti verso il culmine dell’altura dove era posto il vecchio castello. Da qui il piccolo borgo si dipanava in abitazioni contadine e botteghe che ne costituivano la vita stessa. Badolato divenne nel tempo un importante punto di riferimento per le zone circostanti, come fulcro della religiosità essendo frequentato da monaci Basiliani, Francescani e Domenicani, che costituirono numerose confraternite, ancora oggi operanti ed occupate nella gestione e custodia delle magnifiche chiese e dei conventi edificati nei secoli passati. Circostanze recenti vedono Badolato protagonista in un progetto pilota di ospitalità e solidarietà verso il popolo kurdo dopo gli sbarchi del 1997 (339 rifugiati politici hanno trovato ospitalità soprattutto in alcune case del Borgo messe a disposizione dal Comune di Badolato e da alcuni cittadini privati, spinti dalla loro indole ospitale). Tutto ciò ha balzato nuovamente Badolato – un “antico borgo medievale abbandonato”, noto anche per la famosa provocazione “Badolato paese in vendita” degli anni ottanta – agli onori della cronaca con una grande cassa di risonanza mass – mediatica nazionale ed internazionale, che ha poi indirettamente sollecitato ed aperto nuove frontiere del turismo estero, con cittadini provenienti dal nord europa, dagli USA e da tanti altri paesi, interessati all’acquisto e ristrutturazione delle vecchie case arroccate nel borgo.
Di recente attualità le candidature all’ONU per il “World Habitat Award” – premio di rilevanza internazionale di cui si registra una menzione d’onore – e la realizzazione tra le viuzze dell’antico borgo del famoso cortometraggio di Win Wenders “IL VOLO”, regista di fama internazionale che ha puntato l’attenzione su Badolato (sede regionale del C.I.R.) e Riace, paesi dove ancora sono operativi progetti SPRAR della Comunità Europea, con percorsi di accoglienza e integrazione per i rifugiati politici e richiedenti asilo.
SORIANO CALABRO
Il Convento di san Domenico e il museo MUMAR. A 70 Km dall’Oasi.
Vale la pena visitare i resti di un grandioso convento dei domenicani, tra i più importanti dell’Ordine in Europa, straordinario centro di vitalità spirituale e culturale; di quanta fama godesse il complesso è testimoniata dal fatto che l’imperatore Carlo V vi si fermò nel 1535 al ritorno dall’impresa di Tunisi, quattro dei suoi monaci divennero papi, vi dimorò Tommaso Campanella e che ancora oggi nonostante le spoliazioni del passato, custodisce una ricca biblioteca e un Museo il MUMAR. Il museo nasce dalla necessità di riunire organicamente l’intera raccolta delle opere superstiti, fra le quali la tela di S.Domenico a cui è dedicato il convento, e una serie di bellissimi pezzi scultorei dal 600 al 700 che un tempo ornavano la chiesa.
PUNTA STILO (Sito archeologico di Kaulonia)
A 42 Km dall’Oasi
Fu Paolo Orsi ad identificare il sito con Kaulonia nell’Ottocento. Oggi sono ancora in corso campagne di scavo che hanno messo in evidenza uno sviluppo della città al di sotto dell’attuale livello del mare. Kaulonia era circondata da mura alte tra 2 e 5 metri rinforzate dalla presenza di 12 torri difensive. Nulla resta, a parte le fondazioni degli edifici, poiché i materiali furono reimpiegati dai Bizantini intorno al IX-X sec.nella costruzione della cattolica di Stilo. Sito archeologico di suggestiva bellezza, Kaulonia si affaccia sulle coste ioniche meridionali presso Monasterace. A 42 km dall’Oasi.
A 56 km dall’Oasi
Èuno spettacolare borgo adagiato alle falde del Monte Consolino, dominato dai ruderi di quello che fu un grande e possente castello Normanno. La fondazione vera e propria di Stilo si colloca al tempo dell’inurbamento sui rilievi causato dall’inizio delle incursioni di saraceni lungo le coste (IX sec), la sua grandezza è dovuta soprattutto al ruolo che questo centro ebbe nell’epoca bizantina. Nel centro storico sono da visitare: Il Duomo del XIII sec. con un bellissimo portale gotico con piccole colonnine lisce e tortili ed eleganti bassorilievi in stile romanico; la fontana dei Delfini di chiara matrice orientale; il maestoso convento di San Domenico; la medievale porta Stefanina; la chiesa di San Francesco una delle più belle chiese del ‘700 calabresi; le grotte dei monaci basiliani e tanti bellissimi scorci. Stilo è famoso non solo per aver dato i natali al filosofo Tommaso Campanella, ma soprattutto per la celebre “Cattolica” vero gioiello d’arte ed architettura Bizantina. Incastonata nella roccia viva in uno dei punti più belli e panoramici del paese, dal quale si potrà ammirare la vallata dello Stilaro e l’assolato paesino dai tetti ricoperti dai “ceramidi” cioè i coppi, la Cattolica è un grandioso esempio di architettura di quel periodo( XXI sec.). L’edificio, sormontato da cinque cupolette su alto tamburo cilindrico, è testimonianza degli influssi orientali, specie per le analogie con le architetture della Georgia e dell’Armenia. L’interno è ben conservato e sono visibili molti affreschi originali con belle rappresentazioni della vita dei Santi. Se avete sete troverete nel piazzale davanti alla chiesa, una bancarella che vende uno squisito latte di mandorla, gelato al bergamotto e prodotti tipici di ottima qualità
Bivongi, Monastero di S.Giovanni Theresti.
A 50 Km dall’Oasi
Fondata intorno al IX sec. ingrandita nella seconda metà del XII sec. fu abbandonata nel XVII perché ormai insicura e preda di saccheggi. Oggi la basilica restaurata è stata riaperta al culto greco ortodosso, abitata da una comunità di monaci rumeni che hanno anche aperto un piccolo spaccio dove si possono comprare cd di canti liturgici che si eseguono durante la settimana della passione.
Locri Epizefiri, sito archeologico e museo
Si trovano i resti dell’antica città fondata intorno all’VIII sec. a.C. da coloni greci venuti dalla Locride; raggiunse il suo massimo splendore intorno al VI sec. a.C con la fondazione di due sub colonie sul tirreno, Medma (Rosarno) e Hipponion (Vibo Valentia) fu abbandonata intorno al X sec. a causa delle incursioni arabe su tutta la costa, gli abitanti si rifugiarono nell’interno, a Gerace, destinato a diventare il centro principale della zona fino al secolo scorso.